Il metodo Danese per crescere bambini felici è un libro che sta facendo molto discutere.
E’ stato scritto da Jessica Joelle Alexander, una mamma americana sposata con un danese e Iben Dissing Sandahl, una psicoterapeuta danese, anche lei con figli da crescere – che ad un certo punto si chiedono come mai tutte le ricerche sociali convergono nel designare la Danimarca come il paese in grado di rendere, più degli altri, felici genitori e figli.
Il metodo si basa su sei semplici principi, le cui iniziali formano la parola “PARENT” (genitore): Play (gioco), Authenticity (autenticità), Reframing (ristrutturazione degli aspetti negativi), Empathy (empatia), No ultimatum (nessun ultimatum), Togetherness (intimità).
Nel libro mi colpisce immediatamente questo esempio: «quando un bambino dipinge un disegno non occorre dirgli : “Wow sei un artista veramente straordinario!”. Molto meglio invece domandargli: “Cosa hai pensato mentre lo dipingevi?”, o “perché hai scelto questi colori?” o, semplicemente, “grazie”». Focalizzarsi sul processo, usando un linguaggio valutativo ed emozionale, e relativizzare l’esito di un gioco o un compito: è uno dei punti de Il metodo danese.
Alcuni consigli delle due autrici che mi hanno colpito e che ritengo molto interessanti, sfidanti e stimolanti per noi genitori.
- “Consiglierei ai genitori di lasciare più tempo per il gioco libero. I bambini possono comunque fare sport, ma è una buona idea cercare di portarli (magari nei weekend se durante la settimana non si riesce) al parco, o sulla spiaggia o in un bosco e lasciarli liberi di giocare con altri bambini.”
- “I genitori devono o no intervenire nei giochi dei loro figli? No, i genitori dovrebbero cercare di non intervenire molto, perché i bambini imparano tantissimo proprio dall’inventare strategie giocando insieme e risolvendo da soli i propri problemi. In questo modo imparano anche a governare lo stress, cosa che poi li aiuterà molto più avanti nella vita.”
Una scuola che faccia didattica fino alle quattro è troppo impegnativa ai suoi occhi? I bambini italiani sono poi spesso oberati dai compiti. Il fatto che ci siano molte ricerche appena uscite su questo aspetto mostra che i compiti a casa non aiutano gli studenti.
In Finlandia, un paese leader in campo educativo, i bambini non hanno compiti finché non sono più grandi e lo stesso in Danimarca, paese leader sulla felicità. I bambini sono soprattutto incoraggiati a giocare. I compiti possono essere stressanti e, ripeto, la ricerca recente mostra che non funzionano affatto per i piccoli!
- Come coltivare quella che lei chiama l’autenticità dei sentimenti o l’onestà emotiva? Si può coltivare l’empatia leggendo storie che inducano diversi tipi di emozioni (non solo felici). Questo insegna l’empatia e crea vicinanza con i bambini. La vita non sempre è allegra e per questo è bene essere onesti con loro sulle emozioni. Spesso sono gli adulti che hanno difficoltà a esprimere emozioni o concetti profondi. Per questo dovrebbero provare a sentirsi più a loro agio nel parlare di temi difficili: in questo modo potrebbero parlare con i propri figli in maniera facile e naturale.
- Lei suggerisce di evitare eccessive lodi e complimenti ai bambini, o meglio di farli quando c’è stato un effettivo impegno, non “a prescindere”. I danesi cercano di lodare i bambini, quando sono impegnati in attività, per gli sforzi, non per il risultato. Credono che sia meglio insegnare ai bambini ad apprezzare il processo, e che il giudizio sull’esito sia meno importante. Questo atteggiamento produce in loro una sorta di guida interna, autostima e gioia nel lavorare sulle cose.
Una qualità fondamentale che le autrici sottolineano nel loro libro è la capacità di “restrutturare” la realtà, fornire cioè un racconto positivo e incoraggiante di ciò che accade, riducendo la negatività.
Un ottimista realista è qualcuno che vede il mondo realisticamente. Non ignora che la negatività esista ma è capace di trovare i dettagli positivi in una situazione. “Ristrutturare” è un’abilità che può essere appresa e dunque anche insegnata ai bambini che crescono, in modo che lo facciano naturalmente. Le ricerche mostrano che il modo in cui noi scegliamo di interpretare o descrivere una situazione cambia radicalmente come noi la viviamo. Ci sono molti esempi nel libro. È un tema importante, ma può davvero cambiare la vita ed è una meravigliosa capacità che può essere trasmessa ai nostri figli.
L’empatia è assolutamente importante. La differenza risiede nel fatto che i danesi la insegnano attivamente. Capiscono che occorre insegnarla, perché riduce il narcisismo, il bullismo e aumenta la felicità. È una capacità che si può approfondire a qualunque età. I genitori sono gli esempi più evidenti, ecco perché dobbiamo lavorare su noi stessi. Provare a cercare il bene negli altri e non etichettarli negativamente. Provare a mettersi nei panni degli altri. Ci sono molte altre idee ed esempi nel libro su come coltivare l’empatia.
L’autrice si sofferma sulle famiglie protettive, sport in cui noi italiani siamo campioni mondiali, perché dichiara apertamente che queste non favoriscono l’empatia. Quando sei troppo protettivo automaticamente proteggi tuo figlio dal provare grandi emozioni: ma così non apprende a capire le altre emozioni. L’empatia inizia comprendendo e fidandosi delle proprie emozioni, così che possiamo imparare come capire gli altri.
Nel libro si mette sotto accusa qualsiasi forma di violenza fisica, anche la sculacciata, ma anche il metodo degli “ultimatum”. Ma cosa fare di fronte a un bambino che si ostina a non rispettare le regole? Assegnargli una punizione (no televisione, no Ipad, no calcetto) non può essere utile?
Scrive:” Ciò che io propongo è di non mettersi immediatamente in un braccio di ferro o conflitto con i bambini. Molti di noi usano immediatamente ricatti o ultimatum, mentre in Danimarca non usano affatto questo metodo. I danesi lavorano molto per spiegare le regole e le ragioni per le quali i bambini dovrebbero seguire le regole, sin da quando sono molto, molto piccoli (addirittura prima che parlino). È sorprendente: quando si spiegano costantemente le cose ai bambini per come stanno veramente e con rispetto, in modo che possano capire e fidarsi (invece di usare minacce e punizioni), le cose funzionano in maniera stupefacente. A volte non ascoltano ma moltissime volte lo fanno. Insegna il rispetto e sii rispettoso e sarai rispettato: questa è la filosofia. Un genitore che si controlla si sente anche molto meglio. La calma genera la calma.”
L’autrice introduce il concetto di “hygge” per indicare un’intimità tra i membri della famiglia, che raggiunge il suo massimo grado quando ci si riunisce insieme per mangiare e per cantare. Nel libro si può trovare l’”hygge oath” o il “giuramento hygge”.
Scrive l’autrice:”È qualcosa di cui si può parlare in famiglia e che si può provare a mettere in pratica per un tempo limitato (una cena, un picnic, un pranzo). Hygge è uno spazio psicologico sicuro in cui si può stare con la famiglia senza alzare barriere. Quando entri nell’”hygge” lasci fuori dalla porta lo stress lavorativo, le lamentele, i pettegolezzi, la negatività. Per un periodo definito si cerca di stare insieme pensando a “noi”, non a “io”. I bambini soprattutto traggono benefici da questo tempo perché amano passare del tempo senza conflitti con le loro famiglie. Io l’ho provato con la mia famiglia americana e con i miei amici e davvero funziona. Molti dei nostri lettori l’hanno provato e amato. Credo che anche gli italiani potrebbero sentirsi molto bene perché amano parlare del cibo: qualcosa di molto “hyggelige”, perché è un esempio dello stare insieme senza barriere.”
Il metodo sarà anche Danese ma in Italia abbiamo, in mezzo a tutti i nostri difetti, il nostro sorriso.
E vedere i propri genitori che provano a cantare e sorridere nelle difficoltà, credo sia un grande atto d’amore. Una grande eredità.